Questo qua non ha un faccino sveglioUna delle espressioni del genere umano tra le tante che infastidiscono il mio
labile e forse troppo sensibile sentimento di tolleranza verso il prossimo è senza dubbio quella del giornalista finto intellettuale (categoria di per sè disprezzabile) che spesso, in uno slancio verso il basso di avvicinamento spocchioso alla semplicità del volgo, si confessa tifoso e, in quanto tale, si professa autorizzato alla deifcienza che contraddistingue tale categoria di (dis)umani.
La fastidiosità che viene involontariamente causata al mio stato d'animo deriva da
tre livelli distinti che fanno globalmente parte dei personaggi a cui facciamo riferimento e delle loro azioni.
Il
primo livello riguarda le semplici
cause psicologiche che portano tali elementi a questo abbassamento volontario e ludico al tifo. Per come la vedo io, il loro atteggiamento deriva, ironicamente, dalla loro personalissima convinzione di essere al di sopra dell'intelligenza generale. Di conseguenza, l'annullamento della loro solitamente arguta capacità di analisi, atto ad immergersi nei panni del tifoso, altro non è che un'azione volontaria mirata alla loro credenza errata di essere al di sopra di essi. Il risultato è questo
carnevale dell'intelletto per cui, per una volta, il giornalista si spoglia dei panni istituzionali dell'opinionista e si libera di quell'aurea di sacralità di cui si era autoinvestito, per lasciarsi trasportare dall'a-razionalità che di solito invece investe i comuni mortali.
Il
secondo livello invece, riguarda necessariamente il
risultato materiale del primo livello, quello psicologico, ovvero gli articoli che vengono scritti e, ahinoi, pubblicati alla vigilia di eventi calcistici importanti come un derby o una finale. Ebbene questi articoli, hanno tutti una struttura standard che li divide in due tronconi: il primo troncone atto a giustificare l'articolo stesso nel quale si spiegano i motivi di cotanto abbassamento e di cotanto tifo, generalmente con ragioni che si intuiscono essere nel fatto di potersi concedere, grazie al calcio, il carnevale intellettuale di cui sopra. Ed un secondo troncone invece, costituito dalla descrizione del disprezzo nei confronti della squadra avversaria e dell'amore incondizionato di quella per la quale si fa il tifo attraverso l'elenco dei luoghi comuni che di solito si ascoltano al bar, mascherati stavolta da una sintassi ed un lessico più complessi.
E' appunto da qui, infine, che si giunge al
terzo livello che riguarda il metodo con il quale vengono scritti questi articoli. Esso è inesorabilmente altezzoso e volontariamente erudito, fatto di citazioni sublimi e frasi ad effetto. In questo modo l'autore, attraverso la forma, altro non fa che ribadire il suo distacco razionale dal mondo del calcio mentre, allo stesso tempo, attraverso il contenuto loda ed esalta il piacere di viverlo carnalmente da tifoso. Naturalmente non mancano mai le citazioni latine, spesso inutili e inopportune, buttate qui e là ad captandum vulgus.
Nella vigilia di Bayern - Inter, eccone un esempio lampante.ps Pierluigi Battista è quello che pensa che la "televisione non influenza il voto".
Il calcio visto dall'alto