Monday, February 15, 2010

A tutti piace calda



Copio e incollo l'articolo più bello del secolo che mette definitivamente la parola fine alle più grandi questioni culturali italiane ed alle battaglie antro-sessuologhe che anche in questo blog sono state spesso combattute.



di Lucetta Scaraffia per ilRiformista

«La donna tangente pare ormai assunta come merce di scambio ordinaria fra i puttanieri della nuova classe dirigente italiana»: con queste parole di Gad Lerner, quasi le stesse usate nei confronti del caso D'Addario-Berlusconi, ancora una volta "Repubblica" veste i panni della difesa delle donne contro il maschilismo degli uomini di potere italiani.

Un ruolo a costo zero e di sicuro effetto, che fa apparire immediatamente buoni e progressisti coloro che, come fa abitualmente Lerner, lo esercitano.

Ma, visto che loro si ripetono, oso ripetermi anche io: in Italia nessuna donna, a parte il caso di qualche prostituta extracomunitaria trasformata in schiava, e che non fa certo parte del cast di belle ragazze "offerto" ai potenti, può essere costretta alla prostituzione.

Neppure la signora D'Addario, che piange sempre molto sulla sua vita infelice, in cui ha oscillato fra «l'artista» e la prostituta senza prendere mai in considerazione, però, la semplice opportunità di lavorare, è stata mai costretta alla prostituzione.

Come prova il fatto inoppugnabile, del resto, che la signora suddetta risulta intestataria di un cospicuo conto in banca che, ovviamente, con un lavoro normale non avrebbe mai accumulato, neppure con la liquidazione.

Le giovani e belle ragazze che entrano in questo gioco di scambi sono libere di farlo, e lo fanno perché così guadagnano molto, e facilmente, e questa scelta corrisponde ai loro progetti e alle loro strategie di vita. Non sono quindi delle vittime vendute, della carne scambiata in cambio di favore da potenti maschilisti.

Sono attrici libere e responsabili di questo sistema di corruzione: detto in altri termini, se non si trovassero tante, tantissime belle ragazze disposte a questi scambi, i potenti non potrebbero esercitare il loro «maschilismo».

Quindi sono responsabili e colpevoli proprio come loro: come loro preferiscono una via facile e rapida per avere tanti soldi, senza pagare le tasse e senza, quasi sempre, dipendere da nessuno.

Ripeto: il conto della signora D'Addario fa pensare a una libera imprenditrice di se stessa, piuttosto che a una povera ragazza sfruttata da un protettore. Come loro pensano solo al loro utile immediato, senza scrupoli, se mai forse ridendo di quello che i potenti sono disposti a fare pur di avere un rapporto sessuale senza fatica e impegno.

Continuare a deplorare il «maschilismo» di questi potenti puttanieri - a cui nessuno vuole togliere colpe o responsabilità, sia ben inteso - è in realtà una vera e propria forma di maschilismo giornalistico: trattare le donne come bambole prive di volontà, come vittime, mentre invece sono libere protagoniste, nel bene e nel male.

Come nessun imprenditore ha voglia di passare al vaglio di veri concorsi d'appalto, cioè di confrontarsi con una vera concorrenza, così le signorine in questione non hanno voglia di studiare, imparare mestieri, di impegnarsi e lavorare insomma, con un basso salario e con la sola soddisfazione di avere la coscienza pulita.

Il moralismo di "Repubblica", come è noto riservato a una sola parte, a quella dei nemici politici, invece di insistere tanto su vicende pruriginose troverebbe certo un obiettivo più degno e interessante se affrontasse l'abbassamento di moralità in un paese come il nostro, dove nessuno sembra più pensare che avere la coscienza pulita possa essere al centro di un progetto di vita.

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