Wednesday, May 07, 2008
il Derby
Il motivo dell'assenza dal blog
Nonostante il tentativo personale di annebbiamento mediatico della sconfitta dell'Inter nel derby della madonnina, troppe sono le esortazioni pubbliche e private ad uscire dalla coltre fumosa nella quale ci eravamo nascosti ed esprimere un'opinioncina su questo avvenimento calcisticamente storico che, come al solito succede nella storia, ha confermato e rafforzato dati di fatto già acquisiti in passato.
Sono passati appena tre giorni da questo epocale avvenimento e già sembra un secolo, grazie soprattutto alle geniali uscite del signor Moratti, il quale è stato poi inevitabilmente e giustamente contraddetto a distanza di pochi secondi dal suo impiegato Mancini.
Lasciando comunque da parte l'aspetto formale di questa coordinatissima uscita mediatica, rimane ai posteri il giudizio di sostanza dato dai due accaniti collaboratori: un giudizio diametralmente opposto, ma che ovviamente fa pendere dalla parte della verità più quello del giovane allenatore piuttosto che quello del navigato presidente.
Spesso si dice che ogni partita è una storia a sè, suppongo dando per scontato che molte volte accadono degli episodi incontrollabili che incanalano il risultato verso vie sconosciute, secondo la pù classica delle teorie del caso. Naturalmente questo è un luogo comune di proverbiale verità e, come una volta disse quel gran genio di Funari (esprimendo a sua volta un luogo comune), i proverbi esprimono la saggezza di un popolo, ma anche e soprattutto i propri limiti. Noi invece crediamo nell'umana capacità di controllare, seppur in modo limitato (nel senso di non essere totale e non nel senso di minimo), ma comunque sufficiente ai fini prefissi, le variabili che entrano in gioco in certe situazioni, in modo da poter prendere delle decisioni che siano di conseguenza utili al risultato che si vuole raggiungere.
La partita di S.Siro è stata infatti il risultato non casuale di una miriade di variabili controllabilissime che hanno fatto da contorno al prima ed il dopo della partita, influenzandola in modo decisivo attraverso un contribuito causale. Il risultato finale era conseguentemente di facile previsione anche se, i tifosi milanisti per scarmanzia ed i tifosi interisti per finta convinzione dei propri mezzi, nessuno lo aveva auspicato in modo esplicito, lasciando allo spettacolo il gusto dell'imprevisto.
L'analisi tecnico-tattica della partita è presto fatta, ed è sotto gli occhi di tutti: il Milan è entrato in campo convinto e solido coadiuvando questi due aspetti della propria partita con uno stato di forma eccezionale che, dopo l'inevitabile calo nel bel mezzo della stagione, ha avuto nel derby il suo picco agonistico. Dall'altra parte invece c'era un'Inter stanca e di riserva (letteralmente: in campo c'erano le terze linee) bloccata psicologicamente dalla classicissima paura di vincere (classica più per l'Inter che per altre squadre).
Di conseguenza dopo poco il risultato era già di 2 a 0 per i rossoneri mentre era evidente la paura cronica dei nerazzurri, evidenziata soprattutto dal secondo gol, nato da un'incertezza di Vieria che aveva finito per perdere un pallone di semplice gestibilità, sembrando di evitare di collaborare al gioco per paura di commettere errori, che poi si sono ovviamente verificati a causa della più classica delle teorie sociologiche, ovvero quella della self-fulfilling prophecy.
Magicamente però, a partita ormai chiusa l'Inter è resuscitata, iniziando a giocare un calcio bello ed efficiente dando vita ad una prestazione sorprendente, al culmine della quale ha rischiato il pareggio in più di una occasione, non ultima un rigore non fischiato del quale a 72 ore dalla partita non si è ancora avuta notizia nè nota d'agenzia.
In pratica il signor Moratti ha confuso il timore di vincere dei nerazzurri con la volontà di accontentarsi di un pareggio, mentre il signor Mancini ha sottolineato la volontà della propria squadra di vincere, ammettendo di non esserci riuscita per motivi altri dall'approccio mentale alla partita. Naturalmente la paura di vincere è un approccio mentale inconscio che trapela nei fatti durante il gioco, ciò non toglie che la squadra fosse scesa in campo con la volontà di vincere, come da dettami tecnici del proprio allenatore.
Allora, se tutto è così semplice, qual è il motore primo di tale risultato? Quali sono i contorni che hanno determinato tale risultato?
Da una parte la società Inter, nella settimana precedente al derby, si era prodigata in proclami d'altri tempi, elevando tale partita a 'partita della vita' attraverso la quale in un colpo solo si sarebbe vinto scudetto e si sarebbe evitata al Milan la scocciatura della Champions League (visto che recentemente si è deciso, casualmente quando le coppe erano un miraggio, di pensare più al campionato che alla Champions League, esattamente come la volpe che non arriva all'uva). Proclami abbastanza fuori luogo, visto che la partita di cui sopra tutto era tranne che una partita decisiva, considerato che era una delle tre possibilità a disposizione per vincere lo scudetto, e non l'unica.
Dall'altra parte invece la società Milan che, pur trovandosi disperatamente all'ultima spiaggia per conquistare la Champions League e quindi evitare l'esodo dei propri campioni, ha aspettato in modo piuttosto tranquillo questo storico evento, prodigandosi al contrario dei cugini ad abbassare i toni e a tranquillizzare l'ambiente mediatico negando falsamente (così come per l'Inter falsamente era la 'partita della vita') la cruciale importanza della partita a venire.
In questo modo i giocatori del Milan sono entrati in campo tranquilli e convinti mentre quelli dell'Inter contratti e timorosi. Non a caso i secondi si sono sbloccati solo quando la partita era già chiusa e quindi sul 2 a 0, dopo essersi liberati del peso della 'partita della vita', dimostrando di essere superiori nonostante pochi fossero i titolari in campo e dimostrando anche di come in realtà la squadra sia superiore, ma la società nel suo insieme decisamente inferiore a quella dei rossoneri.
Purtroppo da quasi vent'anni la storia si ripete anche se di allenatori e giocatori per Appiano Gentile ne sono passati assai. Indovinate però cos'è che non è mai cambiato?
Insomma, l'Inter si è confermata provinciale almeno tanto quanto il suo presidente, sempre pronto ad attaccare l'unico allenatore che ha fatto vincere alla sua squadra qualcosa (una volta di più si è espresso subito dopo la partita, sproloquiando con commenti inappropriati), mentre il Milan si è confermata squadra vincente, così come lo è il suo capo maggiore che, a differenza di altri,
non perde un colpo e non sbaglia mai le proprie campagne elettorali!
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