Saturday, December 17, 2005

KING KONG

Con KING KONG il buon Peter Jackson ha realizzato il suo sogno e si è concesso le libertà che prima per questioni di budget probabilmente non poteva concedersi.

Il film riecheggia insistentemente dei suoi primi lavori, in particolare gli inseguimenti infiniti e le fughe ricordano molto da vicino Brain Dead, cult da 20000 $ di budget per gli amanti dei film splatter di serie B che consiglio però a tutti.

Le reminiscenze del Signore degli Anelli sono palesi soprattutto nella tecnica e nella caratterizzazione dei personaggi, più delle macchiette di fantasia che dei veri e propri eroi.

Si vede in sostanza che P.Jackson avrebbe voluto girare Jurassic Park o Starship Troopers e che con questo film è riuscito a realizzare il suo sogno.

A scanso di equivoci anticipo subito che il vero protagonista della storia non è il gorilla gigante, ma il regista che, trovatosi in possesso di una mappa (non si dice, giustamente, da dove provenisse gettando una nebbia misteriosa e fantastica su tutto il film) va contro tutto e tutti pur di raggiungere il suo obiettivo. Alter Ego del regista e voce narrante si fa portatore della metafora più interessante del film che come in Hitchcock (La Finestra sul Cortile) e Fellini (8 e ½) non può non riguardare chi fa del cinema.

La metafora che emerge prepotentemente è però quella della Bella e la Bestia, marginale a mio parere e anche un po’ stantia, visto che la volontà di violenza dell’uomo nei confronti della donna c’è sempre stata e oggi più che mai attraverso la pornografia internettiana.

Infine a mio parere, la parte più bella del film sono i primi due minuti in cui si ricostruisce in modo straordinario l’America a cavallo della grande depressione con un sottofondo musicale di profonda nostalgia.


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